Pochi conoscono sorte nave ORIA. A bordo più di 4000 prigionieri italiani che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, 90 tedeschi di guardia o di passaggio e l’equipaggio norvegese. Si salvarono solo in 22, tra loro Sordi Pietro di Gallicano. “L’8 settembre 1943 ero in servizio militare in forza al 312° Battaglione Carristi, Compagnia Moto Mitraglieri, dislocato nell’isola di Rodi. Dall’8 al 12 settembre ho combattuto contro i tedeschi, precisamente in località chiamata Centrale. Venni fatto prigioniero e internato nel campo di Trianda. L’11 febbraio venni imbarcato su una nave norvegese per essere deportato in Germania. Arrivò l’ordine di partire dal Monte Luca. Partimmo il giorno 9 febbraio per raggiungere il campo di Asguro, dove sostammo solo due giorni, da lì ordine di imbarco. Il campo di concentramento di Asguro dista dal Porto di Rodi circa 6 km, con lo zaino in spalla, la coperta e il telo da tenda rotolato ed appeso lungo lo zaino, ci mettemmo in cammino, dopo qualche ora ci trovammo nel piazzale del porto commerciale di Rodi, 4032 italiani, dopo pochi minuti fummo imbarcati, cioè, “imbarattati” come le sardelle, in una nave da carico di circa quattromila tonnellate di cui non ricordo più il nome, ma sentì dire che era una nave norvegese. Messi uno sopra l’altro con furia e forza da certi disgraziati tedeschi, che per sollecitare e mandarne più del carico, ti accompagnavano per le due scalette di legno che dalla coperta scendevano in stiva, quei galantuomini che v’ho parlato poc’anzi, ci levarono le due scalette di legno rimanendo con un buco di circa due metri quadrati per respirare. Completato il carico anche nella coperta della nave, arrivammo alle ore 16, pochi minuti dopo la nave lasciò la banchina, dando noi tutti l’ultimo addio alla bella cittadina e all’isola maledetta di Rodi. L’11 febbraio era una serata grigia e nuvolosa, il vento gelido fischiava attraverso gli alberi della nave, intanto il mare gonfiava sempre più, arrivati al largo del porto la nave cominciò a fare l’altalena e lì “salvato o popolo” dov’ero io in stiva, uno rigettava sulle ginocchia del compagno, l’altro sulla spalla, il terzo sbuffava sulla faccia del compagno mentre dall’alto ci arrivavano pezzi di gallette, sugo di scatolette in acidità. Tutta la nave era piena di singhiozzi, di lamenti di dolore. Il naufragio avvenne a causa della gran burrasca trovata in mare, e il comandante capitano tedesco sbagliò rotta ed andò a cozzare contro uno scoglio dell’isola. Dopo che le acque mi buttarono alla riva della costa greca, i tedeschi mi presero e mi portarono al campo di concentramento di Gudì (Atene) compresi gli altri superstiti. Sballottato da un campo di concentramento a un altro, finalmente fui liberato dai partigiani dell’ELA nella cittadina di Larisa. Dai partigiani fummo passati alla Croce Rossa, dalla Croce Rossa agli inglesi. Rimpatriai a Taranto il 3 marzo 1945 dalla cittadina di Volo…” Pietro Sordi, Gallicano nel Lazio, 22 giugno 1921 – 4 maggio 1989