Dopo il primo bombardamento ci rifugiammo per due notti nello scantinato dell’Istituto Bambin Gesù, con altri borghiciani e poi ci trasferimmo a Castel S. Pietro, dove si vedevano tutte le navi ancorate a Anzio. Ci spostammo ancora a Costa Mariola tra Castello e Capranica e dopo la notizia dell’eccidio degli Undici Martiri, ci trasferimmo ai prati di Guadagnolo. E proprio in questa località sapemmo che gli alleati erano arrivati a Palestrina. Il 5 giugno papà e mio fratello Eugenio partirono alla volta di Palestrina. Eugenio scrisse il diario dei tragici avvenimenti”… “Giunti alla Costa, vediamo Palestrina sotto di noi. E’ uno spettacolo incredibile: case distrutte dovunque si volga lo sguardo. Un colpo al cuore ci prende e si serra la gola. Scendiamo dalla strada del “barracone”. Giunto all’inizio del Borgo, il cuore mi si stringe, le lacrime improvvise e irrefrenabili mi salgono agli occhi… E’ la vista di ciò che rimane dei nostri palazzi. Ovunque macerie, morti, puzzo. Della nostra casa si vedono solo sassi e legnami, masserizie e una cascata di calcinacci che inizia dalla Cortina per ricoprire il Borgo e cadere nel cortile del Seminario.
Papà è distrutto dal dolore. Ha perduto tutto: case e familiari. Ma per darci coraggio ripete: “Dobbiamo ricostruire Palestrina e la ruota gira per noi”. Da buon imprenditore prende in appalto la rimozione delle macerie di corso Pierluigi, da vicolo del Giardino fino a via Leonardo Cecconi