“Nel 1944 io avevo 18 anni e come tanti giovani coetanei lavoravo nella tenuta di Passerano. In quel periodo la vita era molto difficile, soprattutto dopo l’armistizio accettato da Badoglio, ma nonostante ciò i tedeschi non erano cattivi nei confronti della popolazione: l’importante era rispettare tutto ciò che dicevano e ordinavano. Erano anche molto sensibili per le situazioni difficili. Quando una mia sorella si ammalò, l’allora medico Bongiovanni ci disse che lui non aveva i mezzi per curarla e che dovevamo portarla in un ospedale a Roma; purtroppo non avevamo i mezzi di trasporto, io riuscii a rimediare il carretto ma non avevamo il cavallo così andai a chiedere aiuto al comando generale tedesco a villa Maci e il comandante me ne prestò uno, ma con l’obbligo di restituirlo il giorno dopo.
Purtroppo arrivati all’ospedale Fatebenefratelli di Roma mia sorella morì e il giorno dopo io tornai a restituire il cavallo e gli altro tornarono dopo qualche giorno a piedi… Alcune regole erano rigide ad esempio essi rilasciavano solo tre lasciapassare a famiglia per lavorare, gli altri componenti dovevano raggiungere il
posto di lavoro attraverso i campi o le vigne. Questo accadeva perché gli uomini venivano reclutati per caricare le armi nelle zone vicine e portarle ai soldati tedeschi che si trovavano sul fronte di Cassino. Fu proprio durante una di queste azione che assistemmo, da lontano, al bombardamento di Palestrina. Eravamo un gruppo di giovani e stavamo nella zona dove oggi c’è il centro commerciale, quando da lontano sentimmo un boato e poi tutto fumo; scappammo verso Palestrina ma arrivati alla zona dello scacciato ci trovammo davanti a un cumulo di macerie, uno scenario che è difficile descrivere e faticoso da raccontare; pieni di paura ci avviammo verso Gallicano. Anche il nostro paese fu oggetto di bombardamenti anche se si trattava prevalentemente di mitragliamenti; i caccia degli americani erano dotati di mitragliatrici che puntavano verso presunti obiettivi tedeschi ; una delle zone prese più volte di mira dalle incursioni aeree americane fu quella di San Pastore, Ponte Amato e Colle Selva; nel primo ancora oggi sono visibili i segni dei mitragliamenti. Proprio durante una di queste incursioni, io mi trovavo a lavorare in campagna a Colle Selva quando vidi che dal cielo venivano lanciati dei palloncini rossi da un caccia che precedeva gli altri: era il segnale
che ci sarebbe stata una contraerea. Io e l’altra persona che era con me ci riparammo in luogo sicuro ma aperto; dopo la forte esplosione io mi ritrovai la testa sanguinante: la scheggia di una corteccia di albero si era conficcata nella testa, fortunatamente fu una ferita leggera. Prima di ogni contraerea suonava l’allarme e dovevamo rifugiarci o nelle grotte o nelle campagne. Allora Gallicano non era abitato come adesso ed era più facile raggiungere le vigne
senza passare per le strade…”