Dopo l’8 settembre a Genazzano, molti degli iscritti al Partito Comunista cercheranno di dar vita
ad un vera e propria resistenza. Ma all’inizio i resistenti genazzanesi non riescono ad organizzarsi a causa della
frammentazione dei diversi gruppetti. In seguito essi si organizzano nel Gruppo di Azione di Genazzano che fa capo a ‘Checchino’ Grillini di Cave. Non si può parlare di un vero e proprio nucleo che esegue azioni armate, ma tra i compiti che gli vengono affidati spesso ci sono azioni isolate di sabotaggio lungo le strade principali, reperimento armi, lavori di monitoraggio del territorio e di intelligence, comunicandone i resoconti ed informazioni a nuclei più grandi operanti a Paliano e Palestrina. Le direttive per il reperimento delle armi vengono date da Giuseppe Emilio D’Amico. Seguendo l’esempio delle bande della capitale a Genazzano i partigiani decidono di ritirarsi dalla vita normale in paese e vivere in clandestinità, è infatti divenuto pericoloso vivere in un posto dove ci si conosce tutti, essendo ormai noti per le loro simpatie verso la Resistenza. Le campagne e le piccole proprietà di terreni dei partigiani fungono da nascondiglio, in particolare nella località genazzanese denominata “La Selva” essi stabiliscono la loro base logistica. Da questa località sono facilmente raggiungibili, attraverso
sentieri conosciuti solo a gente del posto, altri paesi limitrofi attivi nella lotta. Numerose spiate dei fascisti locali saranno la causa del progressivo sgretolamento della resistenza genazzanese… la loro prima e unica azione armata contro i tedeschi il 5 giugno ’44, in territorio di San Vito Romano.