Dopo la prima azione in cui colpimmo due di tre motociclisti e ci impadronimmo oltre che delle armi, di munizioni e dei loro stivali, ce ne fu un’altra alla quale io non partecipai perché stavo rientrando con una parte della banda. Nelle retrovie erano restati tre russi e il giovane Francesco, per guardarci le spalle in caso di aggressione da parte di qualche pattuglia tedesca che potesse essere avvertita dal motociclista che era riuscito a fuggire…

… Come previsto sopraggiunsero due tedeschi e un fascista da Gallicano: quando giunsero ormai le moto ed ogni segno di combattimento era scomparso: le moto (erano finite n.d.c) giù nel fosso e i cadaveri già sepolti. Ho sempre detto ai miei uomini di occultare bene i cadaveri dei militari e ciò per ovvie ragioni. Appena giunti i due nazisti e il fascista sentirono il rumore dei passi, del vociare: l’italiano credendo che si trattasse di un’altra pattuglia tedesca gridò: « Ehilà camerati, siamo qua! ». Quando Pietro e gli altri due partigiani sentirono <<camerati>>, sbucarono dalla maceria, che delimitava il fosso, e tutti e tre fecero fuoco uccidendoli; li appesero ad un filo spinato che delimitava la strada.

Dante Bersini