I RUSSI IN AZIONE

I sovietici, insieme a Dante Bersini e altri, si appostarono ai margini della strada, in attesa di una autocolonna tedesca che presto sarebbe passata in quella zona. Subito, sostiene la Capponi, ha inizio il fuoco di sbarramento che blocca la colonna dei mezzi tedeschi; un autotreno con rimorchio carico di munizioni esce di strada, il combattimento si fa accanito. I partigiani riescono ad incendiare un camion carico di fusti di benzina; 1500 litri vanno perduti e provocano l’esplosione delle munizioni trasportate dall’autotreno. Perdono la vita in questo scontro tutto l’equipaggio tedesco compresi i motociclisti di scorta al convoglio.

Al sopraggiungere di rinforzi tedeschi il gruppo partigiano, rimasto incolume, riesce a ripiegare e sfuggire alla rabbiosa reazione dei nazisti.

Carla Capponi

RESISTENZA E MORTE

Il 9 marzo i sovietici, dopo tanti trasferimenti e attacchi, sono accampati a Colle Ruzzano. All’alba del 9, alcuni contadini della zona di Castruccio salgono per avvertire che in una capanna ci sono alcuni moschetti che possono essere prelevati. Si decide di inviare in missione Wassilij Skorokjodov e Nicolaj Demiacenko. Alle 11 del mattino i due non erano ancora tornati. Si sentono improvvisamente crepitare raffiche di mitra. Subito sei o sette partigiani, tra cui: Boris, Pietro Iglikhin, Mikail Kasskiev, Anatolij Kurepin e Dante Bertini si accingono a raggiungere la località da dove provengono gli spari. Passando per una località detta Fontana Ona, una zona tra Gallicano e Poli, trovano Wassilij riverso a terra, trivellato di colpi, già morto. Di Nicolaj neppure una traccia. Cercano e lo trovano tra i cespugli, ferito gravemente a una gamba da una raffica di mitra. Un gruppo numeroso di tedeschi li aveva attaccati di sorpresa. Si affrettano per caricarsi Nicolaj sulle spalle, in ordine sparso risalgono verso la base di Colle Ruzzano, ma è già troppo tardi. Ecco sbucare da ogni parte i nazisti. Si accende una furiosa battaglia. Nicolaj è colpito di nuovo e muore. Anche Anatolij che chiude il gruppo è ucciso dai tedeschi. Il resto dei partigiani, dopo duro combattimento, riesce a sganciarsi. Molti sono i corpi dei tedeschi uccisi, ma oramai i tre partigiani sovietici morti si sono dovuti lasciare in mano al nemico. Per 3 giorni i nazisti rifiutano di dare la sepoltura a quei poveri corpi straziati. Poi finalmente, si riesce a strappare il consenso. Così presso Fontana Ona tre fosse vengono scavate e tre povere bare fatte di tavole messe insieme dagli stessi contadini vi vengono calate. Esse raccolgono i giovani corpi dei tre eroici soldati venuti a morire tra la nostra gente. Dopo la Liberazione le spoglie dei tre partigiani sovietici furono riesumate e tumulate nel cimitero di Palestrina dove loro sacrificio è ricordato da una lapide.

IL FILO SPINATO – ME NE DOLSI

Siccome a quei tempi io ero un don Giovanni, oltre che al paese avevo anche qualche ragazza un po’ più lontano. Sicchè ogni tanto mi assentavo. Un giorno, in cui mi ero allontanato per quel motivo, i russi decisero, con Cecco, di andare a fare un’azione nei pressi di Villa Catena. L’azione riuscì, però la cosa, come si dice volgarmente, cominciò a “puzzare”. Sicchè io quando tornai, saputo del fatto, dissi che in quel luogo, per un po’ di tempo non bisognava andarci più. Poi seppi anche che in quell’azione erano stati uccisi due tedeschi e un fascista ed erano stati lasciati appesi ad un filo spinato. Del che mi dolsi, perché oltre ad essere il fatto in sé brutto, poteva mettere in moto la reazione dei tedeschi, con pericolo per noi e sicuramente con grave danno della popolazione.

Dante Bersini

IL FILO SPINATO

Dopo la prima azione in cui colpimmo due di tre motociclisti e ci impadronimmo oltre che delle armi, di munizioni e dei loro stivali, ce ne fu un’altra alla quale io non partecipai perché stavo rientrando con una parte della banda. Nelle retrovie erano restati tre russi e il giovane Francesco, per guardarci le spalle in caso di aggressione da parte di qualche pattuglia tedesca che potesse essere avvertita dal motociclista che era riuscito a fuggire…

… Come previsto sopraggiunsero due tedeschi e un fascista da Gallicano: quando giunsero ormai le moto ed ogni segno di combattimento era scomparso: le moto (erano finite n.d.c) giù nel fosso e i cadaveri già sepolti. Ho sempre detto ai miei uomini di occultare bene i cadaveri dei militari e ciò per ovvie ragioni. Appena giunti i due nazisti e il fascista sentirono il rumore dei passi, del vociare: l’italiano credendo che si trattasse di un’altra pattuglia tedesca gridò: « Ehilà camerati, siamo qua! ». Quando Pietro e gli altri due partigiani sentirono <<camerati>>, sbucarono dalla maceria, che delimitava il fosso, e tutti e tre fecero fuoco uccidendoli; li appesero ad un filo spinato che delimitava la strada.

Dante Bersini