I Martiri di Sorevigliano

” Stavamo nelle nostre vigne in contrada Servigliano, io, mio fratello Francesco e i miei zii Antonio e Giuseppe, mai come quel giorno sempre insieme dato che la ritirata da parte delle truppe tedesche sifaceva sempre piu rapida e noi dovevamo guardare cio che era nostro. Mancava forse un’ora al tramonto del sole, il3 giugno, quando alcuni soldati tedeschi si fermarono alla nostra casetta domandando dove fossero i tre civili e la donna che avevano ferito un loro camerata (due soldati avevano cercato di impadronirsi di una mucca, uno di loro era stato ferito con un forcone). Si rispose che non eravamo a conoscenza di quanto chiedevano. Guardandoci non troppo benevolmente i tedeschi tanarono. Pensando che non ritrovando i colpevoli sarebbero tornati da noi, decidemmo di eclissarci. Io ero corso alla legnaia per meglio nascondere alcune cose piu gelose, quando tutto ad un tratto trasalii al sentire le grida disperate degli zii che mi chiamavano. Andai. I tedeschi furono contenti di vedermi. Mio fratello, al loro ritorno, era fuggito attraverso i campi; gli zii erano stati presi nella casetta. Mi presero e vollero che andassi con due di loro in cerca di mio fratello. Arrivammo fino in fondo al canneto ma non lo trovammo. In quel momento dalla sua vigna “delle Selvotte” usciva un ragazzo che andava a prendere acqua. Lo presero. Corse il padre -Augusto(Costantino) Tabolacci -e, ignorando ogni cosa, si offri di andare lui al posto del figlio. Il pover’ uomo credeva che lo portassero a fare qualche lavoro e invece andava a morire.
Fummo condotti in una vigna poco lontana dalla nostra. Un soldato ferito era adagiato su una barella; un pugno di soldati erano attorno; stesi per terra morti giacevano due civili. Mi avvicinai e riconobbi i miei zii.
Antonio e Giuseppe. Ero terrorizzato. Presero per il collo me e Augusto e cipresentarono al
ferito. Parlarono in tedesco il ferito, i soldati e il loro capitano. Ci guardammo in faccia io e Augusto e aspettammo la fine. lntanto era sopraggiunta la notte ; fummo rinchiusi in una capanna e due soldati vi stettero a guardia. Al mattino i Tedeschi erano partiti; era rimasto il capitano con un soldato. Ci fecero uscire dalla capanna, Augusto avanti e io dietro. Ci ponemmo avanti a loro. Il capitano ordino ad Augusto di voltarsi e gli sparo a bruciapelo sulla nuca. Cadde senza un lamento. Restavo io. Il cadavere emetteva sangue dalla bocca vicino ai miei piedi. Guardai il Capitano come per dirgli che ero pronto. Mi disse: -Vai via!-. Non mi
feci ripetere l’ordine. Volai.”

I Giusti di Olevano

Sin dall’8 settembre e soprattutto dopo il rastrellamento del 16 ottobre 1943 nel ghetto romano, molte famiglie di religione ebraica dovettero scappare da Roma per trovare altrove rifugio dalle persecuzioni naziste.
Circa 70 ebrei furono nascosti e protetti dalla cittadinanza olevanese.
In particolare la famiglia di Agapito Milana, militante nel partito comunista clandestino, offri asilo e riparo alla famiglia TAGLIACOZZO. Dalle “Memorie di CESARE TAGLIACOZZO:
“…II nostro stato di ricercati e braccati dalle SS tedesche e dai fascisti repubblichini, ci imponeva assoluta prudenza ( su ogni ebreo era stata stabilita una taglia! Una spiata avrebbe fruttato al delatore la somma di 5.000 lire di allora…)…era ovvio che sapevano perfettamente i rischi che correvano, che eravamo ebrei, e come tali ricercati ( uomini, donne, anziani e bambini) al pari dei comuni delinquenti, per essere deportati in Germania e annientati nei campi di sterminio. Stessa sorte era riservata a tutti coloro, non ebrei, che ci avessero aiutato e dato asilo e che, dopo processo sommario, sarebbero stati puniti con la fucilazione sul posto (come recitavano i bandi tedeschi affissi nelle strade.)”
II 4 aprile 2001 listituto Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito ai coniugi Agapito ed Assunta Milana e ai loro figli I’alta onorificenza di Giusti tra le nazioni

IL CAPITANO MOSER

Nel Febbraio del 1944, il 4 Febbraio, giunsero ad Olevano le truppe di occupazione nazista, al comando del capitano Moser. Si stanziarono nelle case migliori e nei villini del paese ricacciando quasi tutta la popolazione, affamata da mesi ed impaurita, nelle campagne. La polizia tedesca sin dal suo arrivo si dedico con gran solerzia alla ricera delle decine di famiglie ebree, e i prigioneri inglesi fuggiti dai campi di concentramento dopo 8 Settembre, che si erano rifuggiate in zona dopo i rastrellamenti di Roma del ’43. Allo stesso tempo, gia dalla firma dell’armistizio, gli antifascisti del paese si organizzarono intorno ad alcune figure di spicco e formano un comitato partigiano GAP che inizia opere di disturbo contro gli occupanti, prima senza armi fino al loro reperimento nei primi mesi del 1944. Le armi vengono ottenute in parte grazie alle consegne effettuate dai compagni di Genazzano, e in parte rubandole, con grande rischio, dagli automezzi in sosta. Il giovane Giuseppe RIccardi, si incarica delle munizioni: dopo aver ‘fraternizzato’ con alcuni soldati e ufficiali tedeschi, ha libero accesso al deposito di viale San Francesco d’ Assisi, dove sottrae su base giornaliera scatole di proiettlili…

GUERRIGLIA E GLI ULTIMI GIORNI di OCCUPAZIONE..

Rapporto GAP del 30 Gennaio 1944 – “IL GAP di Olevano per piu volte ha sabotato camoin tedeschi asportandovi medicamenti, armi e altre cose per un valore molto rilevante. In seguito a tutti questi atti di sabotaggio e in seguito al taglio dei fili telefonici, il comando tedesco guidato da Moser, ha affisso un manifesto minacciando la popolazione di rappresaglie e ha messo coprifuoco totale alle 19:00. Il 23 Gennaio fu ninata una grande roccia sulla Pedemontana superiore; l amina non ha effetto desiderato e i GAP si prefiggono di ripetere azione immediatamente..”
Si va avanti cosi, tra tentativi riusciuti e fallimenti, fino agli ultimi giorni della occupazione..con l’avanzare del fronte (dopo la caduta di Cassino) crebbe la ferocia dei soldati del Reich che razziano tutto nella loro ritirata e spesso non si fermano li … Il 6 Maggio 1944 Enrico Soldati durante la notte uccide, con una rasoiata alla gola, un soldato tedesco che stava molestando la figlie Lina, che viene portata in salvo dalla popolazione, mentre il podesta intercede per evitare rappresaglie… il 30 maggio le bombe colpisocno Olevano menter gli ultimi soldati tedeschi scappano verso Tivoli oramai braccati dalle Forze Alleate..

IL PARACADUTE

Il paracadute
Il signor Tranquilli Serafino ci racconta di alcuni momenti di guerra, dell’incontro con i partigiani e il momento del bombardamento.  

LA RETATA

La retata
La mattina del 13 febbraio del 1944 si presentarono presso il casale della vigna degli Aceto in contrada Lucino due uomini, un italiano che disse di essere sfuggito ai tedeschi ( in realtà era un collaborazionista dei tedeschi che aveva assunto un nome tedesco: Marcus Schuman) e un altro che l’italiano presentò come un ufficiale inglese fuggito da un campo di concentramento, impossibilitato a parlare a causa di una ferita sotto il mento. Vennero accolti e rifocillati e alla loro richiesta se nella zona vi fossero altri militari alleati con i quali potersi ricongiungersi , furono indirizzati verso Roiate, dove sembra ne fossero rifugiati un certo numero per la vicinanza alla montagna. Il giorno 15 febbraio, nel pomeriggio, nel casale della vigna degli Aceto si presentarono, rivoltelle alla mano, tre sottufficiali tedeschi , tra cui il falso inglese che era in realtà era un maresciallo nazista, sicuri della loro incolumità per le ingenti forze dislocate nei pressi del casale e per il presidio che da colle Cappellini sorvegliava ogni mossa. Uomini e donne che abitavano nel casale furono posti contro un muro mentre veniva effettuata una perquisizione nel casale. Fortunatamente non venne trovata una valigia contenente i veri documenti di alcuni ebrei che gli Aceto nascondevano e alcune armi sotto una credenza. Su indicazione del maresciallo nazista, con accusa di favoreggiamento verso gli inglesi, vennero arrestati Vincenzo e Sandro Aceto, Amleto e Quintino Carletti, Mario Pratesi e gli ebrei Alberto di Nepi con il figlio Piero, e Attilio di Nepi col figlio Walter (gli ebrei avevano false carte d’identità con il cognome Nati). Dopo giorni di prigionia e di lavori forzati, per interessamento di amici e doni al capitano Moser, essi furono liberati ad eccezione di Mario Pratesi e di Alberto di Nepi, il primo perché aveva indicate ii luogo dove si rifugiavano i militari alleati e sbandati e il secondo perché aveva cercato di farsi comprendere dal falso inglese parlando la sua lingua. Mario Pratesi fu spedito al campo di concentramento di Dachau e liberato dagli Anglo-Americani , riuscì a ritornare ad Olevano il 3giugno del 1945, dopo circa sedici mesi di prigionia. Alberto di Nepi, condotto nelle carceri di Regina Coeli, lasciò la vita nel massacro delle Fosse Ardeatine. Arrestati ad Olevano negli stessi giorni furono i fratelli ebrei Milano e il russo Boris Landesmann anche loro fucilati alle Fosse Ardeatine.