IL FILO SPINATO – ME NE DOLSI

Siccome a quei tempi io ero un don Giovanni, oltre che al paese avevo anche qualche ragazza un po’ più lontano. Sicchè ogni tanto mi assentavo. Un giorno, in cui mi ero allontanato per quel motivo, i russi decisero, con Cecco, di andare a fare un’azione nei pressi di Villa Catena. L’azione riuscì, però la cosa, come si dice volgarmente, cominciò a “puzzare”. Sicchè io quando tornai, saputo del fatto, dissi che in quel luogo, per un po’ di tempo non bisognava andarci più. Poi seppi anche che in quell’azione erano stati uccisi due tedeschi e un fascista ed erano stati lasciati appesi ad un filo spinato. Del che mi dolsi, perché oltre ad essere il fatto in sé brutto, poteva mettere in moto la reazione dei tedeschi, con pericolo per noi e sicuramente con grave danno della popolazione.

Dante Bersini

IL FILO SPINATO

Dopo la prima azione in cui colpimmo due di tre motociclisti e ci impadronimmo oltre che delle armi, di munizioni e dei loro stivali, ce ne fu un’altra alla quale io non partecipai perché stavo rientrando con una parte della banda. Nelle retrovie erano restati tre russi e il giovane Francesco, per guardarci le spalle in caso di aggressione da parte di qualche pattuglia tedesca che potesse essere avvertita dal motociclista che era riuscito a fuggire…

… Come previsto sopraggiunsero due tedeschi e un fascista da Gallicano: quando giunsero ormai le moto ed ogni segno di combattimento era scomparso: le moto (erano finite n.d.c) giù nel fosso e i cadaveri già sepolti. Ho sempre detto ai miei uomini di occultare bene i cadaveri dei militari e ciò per ovvie ragioni. Appena giunti i due nazisti e il fascista sentirono il rumore dei passi, del vociare: l’italiano credendo che si trattasse di un’altra pattuglia tedesca gridò: « Ehilà camerati, siamo qua! ». Quando Pietro e gli altri due partigiani sentirono <<camerati>>, sbucarono dalla maceria, che delimitava il fosso, e tutti e tre fecero fuoco uccidendoli; li appesero ad un filo spinato che delimitava la strada.

Dante Bersini

GINESTRE

Intanto a Tende, dopo il primo bombardamento di Palestrina, che causò lo sfollamento in massa e l’invasione di quelle campagne da parte della popolazione, ci spostammo verso la montagna. Ivi tagliammo delle ginestre e con quelle facemmo, un luogo nascosto e relativamente sicuro, una specie di capanna. Quello fu per molto tempo il nostro riparo dai rigori della notte e delle intemperie.

Per mangiare ci si arrangiava: qualche volta rimanemmo anche un paio di giorni senza mangiare.

Dante Bersini

Salvare l’arte

Nel convento di San Pio – gestito dai padri Agostiniani irlandesi, furono nascoste in gran segreto – per volere di Mussolini – varie opere d’arte provenienti da Palazzo Venezia da Galleria Borghese, e da Galleria Spada oltre che dalla Camera dei Fasci e dall’Archivio dell’Africa Italiana per preservarle dai possibili bombardamenti alleati su Roma. In parte trafugate dai tedeschi in ritirata nel 1944.