Gallicano è stato uno dei pochi centri rimasti illesi dalle ferite incancellabile della guerra. È vero ci sono stati dei bombardamenti, ma solo uno ha colpito l’interno dell’abitato centrando un obiettivo ben preciso: un comando tedesco.. L’incursione aerea che ha toccato maggiormente il paese è quella avvenuta la sera del 1 giugno del ’44, verso le 20,30, che ha coinvolto il centro storico con il bombardamento di via Roma che ha causato il crollo di cinque abitazioni i cui numeri civici di allora erano il 55,57, 58… una delle zone prese più volte di mira dalle incursioni aeree americane fu quella di San Pastore. Questo centro religioso Austro-Ungarico, fu usato per operazioni di retrovia diventando un distaccamento degli uffici dell’Aeronautica Italiana. Qu era stato allestito un piccolo campo d’aviazione usato per dispacci militari.. Dopo l’armistizio molti ragazzi dell’Italia meridionale che erano al servizio dell’Aeronautica, di istanza a San Pastore, restarono a Gallicano e si sposarono con le ragazze del posto così ebbero una casa e si sistemarono..

LA FINE DELLA BANDA CERASI

Comando Tattico Nazista. Villa Torresina nascondave sotto un sistema di reti camion e munizioni. La Villa di proprietà dei conti Ticca, importanti petrolieri sardi arricchitisi negli anni del regime fu luogo si ultima azione della Banda Cerasi/Loreto prima che la banda fosse costretta a disperdersi poiché la loro base era stata scoperta dai nazisti (il posto in cui si riunivano era dai Cerasi a Loreto). Dalel Parole di un componente della Banda
“Un militare polacco ci riferì che il comando si spostava verso il nord, a Firenze. Si sarebbe mosso l’indomani. L’indomani ci appostammo nei pressi e verso le undici, di notte, attaccammo una camionetta con a bordo degli ufficiali e un autocarro con il rimorchio; tutti e due gli automezzi si incendiarono ».
Dopo quell’azione la formazione, ormai braccata, dovette disperdersi ed alcuni degli elementi che ne facevano parte, tra cui lo stesso Otello Marchetti, andarono ad ingrossare le fila di un’altra banda che operava nel territorio – “La Banda Bersini.”

PANE PER IL FRONTE

IL pane ha giocato un ruolo chiave nella guerra per Genazzano. La citta diventa dal 43 ‘il forno’ dei fronti di Anzio e Cassino. I tedeschi requisiscono molti forni e usano grano proveniente dalle coltivazioni della circostante Valle del Sacco. Non solo. La pineta di fronte al Castello viene utilizzata come riserva di legname per le cucine da campo e per i forni mobili “Weiss” della Bakeri-Kompanie che giunta a Genazzano nel novembre del 43 produceva pane per fronte di Cassino. I forni mobili erano custoditi nel castello ed interdetti alla popolazione. Il pane era depositato presso il Castello Colonna, intanto trasformato in sede del Comando tedesco.

SALVARE L’ARTE

 Nel convento di San Pio- gestito dai padri Agostiniani irlandesi, furono nascoste in gran segreto – per volere di Mussolini- varie opere d’arte provenienti da Palazzo Venezia da Galleria Borghese, e da Galleria Spada oltre che dalla Camera dei Fasci e dall’Archivio dell’Africa Italiana per preservarle dai possibili bombardamenti alleati su Roma. In parte trafugate dai tedeschi in ritirata nel 1944.

Se Viveva cosi…

Tra 8 Settembre 43 3 Novembre Tedeschi occupano Genazzano. “I Tedeschi a Genzzano saranno stati una trentina, ma non hanno avuto grossi problemi con la popolazione. Noi lavoramo per loro. A me quando me chiamavano, mandavo sempre qualcun altro al posto mio. Quelle colte che si sono andato o mi portavano a caricare le armi giu asi depositi .. altri lavoravano per caricare il pane sui camion per Cassino”

“Io con mio fratello abbiamo portato le munizioni al fronte di Cassino… eravamo OBBLIGATI. Il Comune ci mandava le lettere e ci trovavamo alla Puorta. I tedeschi ci portavano al deposito di Valmontone che era ttutto coperto de frasche. Li riempivamo i camion e riprativamo..

VITA DA SFOLLATI

Dopo questo primo terribile bombardamento (19 Dicembre 1943) e il successivo (6 Gennaio 1944), quasi tutta la popolazione di Cave se ne fuggi di corsa nelle campagne, ricoverandosi, specie nei primi giorni, fino a quattro o cinque famiglie insieme in un solo locale, Dio solo sa con quante stretteze e privazioni e freddo, par essere nell’inverno. Presso di noi, per esempio, in una casetta campestre, in contrada Vaccano, c’erano ricoverate ben cinque famiglie, una venticinquina di persone, tra cui ben 13 ragazetti, sotto i 10 anni; per cui si puo immaginare la continua .., commedia.
Va da se che siffatte unioni forzate non potevano durare a lungo; per cui si cambiava spesso abituro; ma non se ne trovavano di migliori; piu o meno tutti senza luce, sena cucina, senza le piu elementari necessita. Da qui le imprecazioni alla guerra e ai governanti, che l’avevano voluta, erano all’ordine del giorno, in tutti i momenti, in tutti gli abituri e fuori di essi..

LA SPIA

Verso la fine del 1943, si presento nel convento un uomo di nazionalità non definita, che era disposto ad eseguire qualsiasi dipinto religioso in cambio di ospitalità. I frati gli commissionarono un Cristo in croce da eseguire sopra l’arco dell’altare. Eseguito il ponteggio il pittore incominciò il dipinto coprendolo sempre nel momento di riposo. Il 21 gennaio 1944, un giorno prima del bombardamento su Palestrina, il pittore abbandonò il convento facendo perdere le sue tracce. I frati preoccupati, ma anche insospettiti, per la prima volta entrarono della cella del pittore e trovarono una radio trasmittente e due canocchiali. Quest’uomo, dunque, era stato un informatore al servizio degli alleati e capirono che era stato lui a dare notizie sulla presenza dei soldati tedeschi in città. Ma la sorpresa fu ancora più grande quando i frati saliti sul ponteggio, tolsero il lenzuolo e trovarono un Cristo così brutto… ma così brutto che fu decisero di coprirlo con la tinteggiatuta.

IL CONFESSIONALE..

..da mattina, dunque, del 19 Dicembre 1943 (era di domenica) alle ore 8 precise, quando il grosso della popolazione era gia uscita di casa e affollava le nostre chiese, per ascoltare la S. Messa e far le divozioni, all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, avvenne il terribile bombardamento, Quattro velivoli Americani si erano gettati in picchiata, cioè si erano precipitosamente gettati a bassa quota su Cave, in due riprese, provenienti dalla montagna di Rocca di Cave, gettando 32 bombe di grosso calibro, a giudicare dai gravissimi danni causati da esso; specialmente in via Cavour o Cona, le cui abitazioni furono quasi completamente distrutte. Molto danneggiate furono anche le case adiacenti, compresa la chiesa di S, Maria, che ebbe rotti tutti i vetri delle finestre e rovinate la porta.
Chi scrive queste pagine era, in quell’ora, al suo confessionale, nella Chiesa di S. Maria, e può immaginarsi lo spavento provato da lui, in udire le formidabili, assordanti detonazioni, avvenute nella vicinissima via Cavour, col conseguente cader dei vetri della Chiesa e il fuggi fuggi dei fedeli, in preda ad indicibile spavento. Alle formidabili detonazioni, altri fuggono fuori in campagna, altri, gridando, si dirigono verso il luogo del disastro domandando dei parenti, genitori, spose, figli, fratelli, che sanno di aver lasciati poc’anzi nelle case, or ora crollate. Nel volto di tutti il terrore; e gia si vedono i primi morti scavati sotto le macerie; come pure i feriti, portati da pietosi, non all’ospedale Matti, danneggiato pur esso, ma in casa del Dottor Ariola, del Dottor Sciortino, del Dottor Guidi…

MACERIE e PUZZO

Dopo il primo bombardamento ci rifugiammo per due notti nello scantinato dell’Istituto Bambin Gesù, con altri borghiciani e poi ci trasferimmo a Castel S. Pietro, dove si vedevano tutte le navi ancorate a Anzio. Ci spostammo ancora a Costa Mariola tra Castello e Capranica e dopo la notizia dell’eccidio degli Undici Martiri, ci trasferimmo ai prati di Guadagnolo. E proprio in questa località sapemmo che gli alleati erano arrivati a Palestrina. Il 5 giugno papà e mio fratello Eugenio partirono alla volta di Palestrina. Eugenio scrisse il diario dei tragici avvenimenti”… “Giunti alla Costa, vediamo Palestrina sotto di noi. E’ uno spettacolo incredibile: case distrutte dovunque si volga lo sguardo. Un colpo al cuore ci prende e si serra la gola. Scendiamo dalla strada del “barracone”. Giunto all’inizio del Borgo, il cuore mi si stringe, le lacrime improvvise e irrefrenabili mi salgono agli occhi… E’ la vista di ciò che rimane dei nostri palazzi. Ovunque macerie, morti, puzzo. Della nostra casa si vedono solo sassi e legnami, masserizie e una cascata di calcinacci che inizia dalla Cortina per ricoprire il Borgo e cadere nel cortile del Seminario.
Papà è distrutto dal dolore. Ha perduto tutto: case e familiari. Ma per darci coraggio ripete: “Dobbiamo ricostruire Palestrina e la ruota gira per noi”. Da buon imprenditore prende in appalto la rimozione delle macerie di corso Pierluigi, da vicolo del Giardino fino a via Leonardo Cecconi