CARCHITTI E LA GUERRA

La seconda guerra mondiale vede la partecipazione di numerosi carchittani, dislocati sui fronti: sovietico, albanese, greco. Complessivamente si ebbero quattordici caduti. Per il villaggio il momento più difficile coincide però con le fasi conclusive del conflitto, quando in seguito allo sbarco ad Anzio delle truppe alleate, l’intera zona dei Colli Albani, considerata di primaria importanza strategica, viene a trovarsi all’inizio del 1944, nell’epicentro dell’operarazione Shingle.

Sotto i Colli Albani, a due chilometri da Carchitti, passa infatti la via Casilina, principale difesa da Roma e quelle che presiedevano più a sud il tratto della difesa della linea Gustav intorno a Cassino. Per contrastare con maggiore efficacia l’avanzata alleata, i tedeschi avevano inoltre organizzato proprio a Colle di Fuori il loro quartiere generale, creando una fascia difensiva estesa alla valle sottostante che cadde con la presa di Roma nel giugno 1944. Per la costruzione di opere di difesa, nella zona si fece più volte ricorso con la forza alla popolazione civile: nel corso dei rastrellamenti, più di cento abitanti di Carchitti furono prelevati e portati a Velletri; gli anziani furono rilasciati la sera stessa, mentre i giovani vennero trasportati a Roma alla Cecchigiola e rilasciati il giorno dopo… intensi bombardamenti aerei e terrestri, che causarono gravi distruzioni a numerosi centri abitatvi come fu per Palestrina. A Carchitti la gente trovò rifugio presso le grotte della Mola e a Fontana Nova, mentre in paese più di trenta abitazioni furono distrutte; ci furono alcuni feriti e un morto. Nell’attraversare i castagneti una compagnia di soldati americani uscì allo scoperto in località Cimarello, non lontano dal casale di Messaselva, cadendo sotto il fuoco incrociato dei tedeschi appostati dietro le “macère”.

Fu una strage, a detta degli abitanti.

GLI EROI AMERICANI

Gli eroi americani

Nel corso della seconda Guerra mondiale, il 1 giugno 1944 durante un’azione d’avanscoperta, presso i boschi di Carchitti, il 15mo reggimento di fanteria della terza divisione americana affrontò un violentissimo combattimento con le truppe tedesche. I soldati americani, Elden Johson e Herbert Cristian, entrambi gravemente feriti, continuarono a combattere al fine di salvare la vita ai loro compagni. Il Congresso americano conferì a questi due eroi la medaglia d’onore, per il coraggio dimostrato. Le motivazioni di ‘’una delle piu commoventi storie di coraggio e di sacrificio di sé nella storia militare degli stati uniti’’. Johson infatti era stato colpito allo stomaco mentre Cristian pur avendo perso una gamba trascinandosi sul moncherino, seguitò a combattere fino all’ ultimo ‘’mitragliando i kraut con il suo ‘’tommy’’.

IL PIANTO MI SOFFOCAVA

Accennai a come a Labico era stato sul punto di essere “fatta fuori” da tedeschi. Paolo mi interruppe, aveva cose più gravi da comunicarmi:
“ieri dopo l’attacco a Colle delle Monache, i soldati, giunti di rinforzo, hanno rastrellato dieci ostaggi tra i contadini in zona e li hanno fucilati, tra loro c’erano tutti e cinque i fratelli Pinci”
disse con emozione e aggiunse che vi era anche una loro cugina, Elena (…).
Restai muta, appoggiata al muro a secco che delimitava il capanno.
Cercai di ricacciare in gola il pianto che mi soffocava..”

C. Capponi

IL PARACADUTE

Il paracadute
Il signor Tranquilli Serafino ci racconta di alcuni momenti di guerra, dell’incontro con i partigiani e il momento del bombardamento.  

IL SALE

D’improvviso una mattina giunse finalmente Laura. Fu una sorpresa gradevole e ci abbracciammo: non sapeva che a causa di un equivoco tra la professoressa e la staffetta, ero rimasta senza cibo e senza notizie per cinque giorni. Mi portava buone nuove: dovevo recarmi in una località fuori Roma, prossima al fronte, per unirmi a un gruppo di partigiani, e mi consegnò un cartoccio con un kg di sale. La guardai meravigliata: ”A che serve! Ci allevo le capre?”. Lei mi spiegò che il sale, specie con i contadini, era più prezioso dell’oro ed era un buon viatico per essere accolta con favore…

…La signora ci chiese: “Volete magnà con noi?” e Lucio “ Dai, prepara due scodelle che questi hanno fame”.
Ci fu servito un brodo di fagioli con qualche pezzo di cotica e una fetta di pane. (…) allora ricordai di aver portato con me un prezioso cartoccio di sale, lo tirai fuori e mi avvicinai alla madre di Lucio che stava distribuendo il rancio (…). Si voltò e prese il cartoccio con occhi interrogativi: “che è?”. “ Sale” risposi “credo che valga più di qualsiasi altro dono.”.
Dall’espressione del volto capii che neppure l’oro sarebbe stato accolto con maggior favore.

Carla Capponi

LA RETATA

La retata
La mattina del 13 febbraio del 1944 si presentarono presso il casale della vigna degli Aceto in contrada Lucino due uomini, un italiano che disse di essere sfuggito ai tedeschi ( in realtà era un collaborazionista dei tedeschi che aveva assunto un nome tedesco: Marcus Schuman) e un altro che l’italiano presentò come un ufficiale inglese fuggito da un campo di concentramento, impossibilitato a parlare a causa di una ferita sotto il mento. Vennero accolti e rifocillati e alla loro richiesta se nella zona vi fossero altri militari alleati con i quali potersi ricongiungersi , furono indirizzati verso Roiate, dove sembra ne fossero rifugiati un certo numero per la vicinanza alla montagna. Il giorno 15 febbraio, nel pomeriggio, nel casale della vigna degli Aceto si presentarono, rivoltelle alla mano, tre sottufficiali tedeschi , tra cui il falso inglese che era in realtà era un maresciallo nazista, sicuri della loro incolumità per le ingenti forze dislocate nei pressi del casale e per il presidio che da colle Cappellini sorvegliava ogni mossa. Uomini e donne che abitavano nel casale furono posti contro un muro mentre veniva effettuata una perquisizione nel casale. Fortunatamente non venne trovata una valigia contenente i veri documenti di alcuni ebrei che gli Aceto nascondevano e alcune armi sotto una credenza. Su indicazione del maresciallo nazista, con accusa di favoreggiamento verso gli inglesi, vennero arrestati Vincenzo e Sandro Aceto, Amleto e Quintino Carletti, Mario Pratesi e gli ebrei Alberto di Nepi con il figlio Piero, e Attilio di Nepi col figlio Walter (gli ebrei avevano false carte d’identità con il cognome Nati). Dopo giorni di prigionia e di lavori forzati, per interessamento di amici e doni al capitano Moser, essi furono liberati ad eccezione di Mario Pratesi e di Alberto di Nepi, il primo perché aveva indicate ii luogo dove si rifugiavano i militari alleati e sbandati e il secondo perché aveva cercato di farsi comprendere dal falso inglese parlando la sua lingua. Mario Pratesi fu spedito al campo di concentramento di Dachau e liberato dagli Anglo-Americani , riuscì a ritornare ad Olevano il 3giugno del 1945, dopo circa sedici mesi di prigionia. Alberto di Nepi, condotto nelle carceri di Regina Coeli, lasciò la vita nel massacro delle Fosse Ardeatine. Arrestati ad Olevano negli stessi giorni furono i fratelli ebrei Milano e il russo Boris Landesmann anche loro fucilati alle Fosse Ardeatine.

PROMISCUITA’

Promiscuità

“Ho organizzato un collegamento con Palestrina durante il giorno trascorro molte ore insieme con i russi con qualcuno di loro perlustro un po’ la zona per vedere se è possibile compilare qualcosa di buono alla sera ritorno a Castel San Pietro ove mangio e dormo in casa di un povero calzolaio un compagno che mi ha accolto con quella generosa larghezza propria degli umili divide con me cibo e letto, lui dorme al centro sono io da un lato io dall’altro ai piedi tra gli spazi vuoti dorme il figlio un bambino di cinque o sei anni..”

IL SOLITO RITORNELLO

Il solito ritornello

“..non sono risucito a combinare un accidente qui a Zagarolo e sono gia stufo di starci. Mancano le armi. Non ci sono giovinotti pronti a rischiare, come avevamo fatto nei Castelli, per procurarcele. Ovunque mi sento ripetere il solito ritornello. Tra poco gil Alleati arriveranno qui. Perche’dobbiamo esporci inutilmente al pericolo di rappressaglie? Piove: non ho giornali, non ho libri, non ci sono belle ragazze, la radio non funziona, gli antifascisti del luogo non vgoliono saperne di andare piu’ in la’ di improperi a bassa voce contro i tedeschi…queset giornate sono vuote e opache come tante trascorse al confino nell alenta noia delle ore che non passano mai. Domani lascero’ Zagarolo e andro’ a Castel San Pietro ove, se non altro, incontrero’i russi..”

L’IMBUTO

L'imbuto

… Qualche analogia c’è in questi due avvenimenti: oggi non si esce è tutti devono restare in casa… ieri avveniva l’oscuramento notturno della pubblica illuminazione e i vetri delle finestre si rivestivano con stoffa nera. Tutto ciò era necessario perchè gli aerei americani non potessero individuare i luoghi nevralgici per bombardarli durante la giornata del giorno seguente. Per accertarsi che tutti avevano compiuto tale ordine, imposto dalle autorità, in ogni rione, gli abitanti che avevano la terrazza utilizzavano un grande imbuto, che veniva usato per travasare il vino e, con voce stentorea, gridavano. “Luce!… Luce!… Luce!… Il loro appello, ampliato dall’imbuto, nel silenzio della notte, arrivava forte e chiaro sino alla Cortina.