NOTTE INFERNALE

“La notte scorsa e’ stata infernale. Si e’avuto lancio di lampiocini luminosi su tutta la zona e poi continuo bombardamento aereo terrestre. Una bomba di aereo e’caduta sotto al piazzale del convento tra la prima e la seconda via crucis atterrando con lo spostamento di aria e distruggendo meta della pergola. Ma se la notte e’stata infernale, molto piu cupa e terribile e’stata la giornata del 1 giugno. Fin dalle prime ore gli aerei che sorvolano Palestrina hanno sganciato in piu punti vari spezzoni e mitragliato quasi avvisando la popolazione per cio che stava per accadere.. Difatto tutti hanno cercato salvezza in qualche ricovero e cio e’stato p[iu fatale per il disastro, aggravato ancora da un ordine diramato ieri sera in cui si faceva obbligo alla popolazione che era in campagna di rientrare. Questo ordine e’stato causato dall’uccisione di di acluni tedeschi avvenuta a Colel Francolino da parte delle bande di “patrioti”che approfittando dello sbandamento tedesco, casua la ritirata, hanno preso le armi. Circa le ore 9 e’avvenuta la distruzione quasi totale di Palestrina… fortezze volanti americane sgancaivano tonnellate di bombe di grosso calibro sulal citta. I migiliroi edifici rimanevano rasi al suolo. NOI cercammo riparo in una grotta, la lo scuotimento ci faceva traballare le fondamenta sotto i piedi. L’impressione avuta pero visitando gli edifici colpiti ci ha resi piu paurosi e preoccupati. La chiesa della ss Annunziata col capanile e case vicine scomparsa del tutto… I morti sono incalcolabili. Le povere Monache Farnesiane (15 in tutto) hanno perduto la vita nel ricovero del Palazzo Veccia inseime ad altre 20 persone. IN una grotta situata nella parte piu alta di Palestrina vi rimanevano schiacciate dai massi circa 60 persone. Familgie intere distrutte e dobbiamo dire che erano le piu affezzionate al nostro convento e che fino al giorno avanti vi avevano trovato asilo sicuro insieme con altre centinaia di persone che ancora fidano nella protezione di S. Francesco…”

IL DEPOSITO

«Alle ore 9 del mattino, per tre volte a breve distanza, si sono intesi i soliti scoppi. Gli anglo-americani hanno molto interesse ad ispezionare di continuo questi luoghi perché, come si sente dire, i tedeschi hanno posto da queste parti il deposito di munizioni. Dopo pranzo, verso le 14:30, si è inteso un forte crepitar di mitraglia accompagnato da forti detonazioni e da colpi di antiaerea. Questa volta si sono visti 5 aereoplani nemici che scorazzavano furiosamente nella pianura – tra Palestrina e Valmontone – lanciando bombe e mitragliando. Sono stati una decina di minuti a volteggiare sugli obiettivi, indi sono scomparsi. Ad un certo punto si è visto sospeso in aria, sopra i monti di Artena, un involucro nero che si e’abbassato gradatamente, fino a terra: si è creduto fosse qualcuno gettadosi con paracadute».

IL COLPO DI STATO

“La sera mentre siamo a cena la radio annuncia che Sua Maesta il Re ha accettato le dimissioni da capo del Governo -Primo Ministro di Sua Eccellenza Mussolini incaricando della costituzione del nuovo governo S. E. il Maresciallo Badoglio. Nei giorni successivi dai giornali a cui e’concessa liberta di stampa fino a un certo punto si apprendono i particolaridel colpo di Stato. Seduta tempestosa del Gran Consiglio del fascismo, votazione contraria a Mussolini, sua andta a Villa Savoia, suo arresto, disordini e dimostrazioni a Roma e altri prti d’Italia ecc. ecc… Intanto si intensficano i bombardamenti delle plaghe visibili da Pleastrina. Ciampino, Ostia, Roma, Frascati. Esultanza anche a Palestrina degli elementi contrari al fascismo. Smarrimento degli aderenti al PNF (Partito Nazionale Fascista). Nessun incidente degno di nota, tranne discussioni e battibecchi. La vita continua senza avvenimenti degni di rilievo fino al 9 Settembre. All’annuncio dell’Armistizio molti esultano e pubblicamnete si compiacciono dell avvenimento. Nei giorni successivi si viene a sapere che Genazzano e’stato occupato dai tedeschi, gia ivi residenti ia S. Pio in numero di circa settanta… Colonne di autocarri con soldati tedeschi vogliono passare per la strada della Selciata (Stella) e dei Cori. Giunge una legione di auto blindate del secondo reggimento Bersaglieri che si piazzano al bivio di San Rocco. Conflitto con autocrri tedeschi. Due di questi vengono colpiti e quattro tedeschi vengono uccisi nel conflitto.. vengono seppelliti nella parte nuova del nostro cimitero..”

LA CACCIA

“.. Nulla di nuovo. I 40 giovani condotti dai tedeschi a Cassino sono ancora giu. Ne fuggono alcuni. Anche oggi caccia ai giovani. Circa le ore 11:30 passando per piazza Regina Margherita ho visto uno spettacolo impressionante. Una ventina di ragazzi trai 18 e 17 anni su un’autocarro presi dai soldati tedeschi e da loro guardati. Sono spauriti. Tornano la sera essendo fuggiti da Valmontone ove avevano scaricato munizioni..”

GIORNATA CRUCIALE

“Giornata cruciale. La mattina alle ore 8 circa numerosi aerei gettano una venita di bombe su Palestrina mitragliando violentemente. Vengono colipite case sotto la chiesa dell’Annunziata e un ala della chiesa, la casa Bernardini di fronte San Antonio, facendo crollare quella casa, le case sottostanti compreso Oratorio del Carmine e quelle vicine prospicenti via del Tempio. Sono andata con la mia famiglia e con quella di mio fratello, luisa e luigi, nell’orto di zia Anita ove con altre numerose persone abbiamo passata la giornata. Continui allarmi e continui passaggi di aerei inglesi ed americani. Altre bombe sono cadute presso porta S. Cesareo e dei Cappuccini.. altre bombe hanno colpito Palazzo Lulli, dove erano gli uffici adibiti a ospedale tedesco. Parecchhi morti…e danni ingenti. Trai morti ci sono anche molti tedeschi. Nel pomeriggio alle ore 16 cono apparsi 12 quadrimotori americani (fortezze volanti) che mitrglianod violentissimamente hanno gettato numerose bombe dirette nei tre edifici adibiti ad ospedali. Sono stati colpiti l’edificio scolastico, ospedale principale militare, l’altra parte di palazzo Lulli, demolendo completamente la casa degli zii in via Perantonio Petrini e case vicine. Tutte crollate e lesionate. Anche in questa seconda incursione numerose bombe che sono cadute sulla passeggiata della Vittoria.. il mattino successivo anche noi partiamo e andiamo al poderedi valenza di Zio Pippo dove troviamo numerose persone. le casette e le capanne della contrada rigurgitano di sfollati..

IL PICCOLO ALDO

Sotto le rovine del Palazzo Bernardini, nei pressi della chiesa di Sant’Anotonio, erano periti due giovani sposi: Cristofari Mario e Maria Norca. Avevanoun bambino, Aldo, di appena sei mesi. Le loro salme vennero pietosamente raccolte sotto le rovine e composte nelle bare nei giorni seguenti. Del piccolo Aldo, nessuna traccia. si fecereo affannose ricerche: nulla, nessuno seppe darne notizie. Sei anni dopo, una giovane che prestava servizio presso l’orfanotrofio di Via Fabbrizi, in Roma, comunicava ai parenti che il 23 Gennaio 1944 era stato ricoverato nell Ístituto un bambino biondo, dagli occhi azzurrri, raccolto presso le rovine di una casa di Palestrina. I congiunti del piccolo Aldo si affrettarono a raggiungere l’Orfanotrofio e riconscevano nel fanciullo il bambino scomparso che nel frattempo era stato alle cure dei coniugi Campi. Quali mani pietose avevano raccolto il bambino, che vagiva tar le rovine, e lo avevano portato nel io luogo? forse un soldato germanico aveva pensato ai suoi bimbi lintani ed aevva salvato la piccola vittima? “

SALIMMO FINO ALLE NUBI

Si cercava un rifugio:

« Si pensò di salire ancora piu in alto – narra Giovanni Anelli – sulle montagne su un borgo di poche case e qualche centinaio di anime. Andammo in cerca di abitazione lassu’, prima i giovani. Marcia di crica due ore. Salimmo, salimmo fino alle nubi a circa milleduecento metri. Spettacolo meraviglioso! Diecine di cittadine, paesetti, borghi, villaggi si scorgevano sul piano appollaiati sui colli, a cavaliere delle valli. Lontano il tuonare del cannone; sapevamo dello sbraco sulla costa di Nettuno e di Anzio; una cinquantina di chilometri in linea d’aria, da noi. Un rombo di motore ci fece volgere di scatto e cosa strana, i bambini sulla stradina alta del paesino salutavano i piloti americani agitando le braccia, tranuiqlli! Era il 30 gennaio 1944.

Ci precipitammo dai nostri e narrammo. Ambiente tranquillo, acqua piovana, una casetta con soffitto da rifugiarci in 15 persone e roccie, roccie, roccie. Cominciò il via vai di muli, dei somarelli con qualche materasso, coperte, oggetti casalignhi e viveri. Il borgo deserto si popolò di povera gente senza tetto e di altra povera gente che divise coi nuovi arrivati il suo pezzo di pane nero, la sua acqua piovana e poi neve su neve. In soffitta, fu impossibile dormire. La neve ricopriva il nostro giaciglio, si trovò un’altra casa: era di un tubercolitico! Dopo pochi giorni, un’altra ancora, se non si voleva finir male. Trovato! Era una stanzetta osservatorio del curato, con aereometri, pluviometri ed acqua che filtrava da tutte le parti».

SPEGNEVANO TUTTE LE STELLE del CIELO..

.. i tedeschi, anche se cominciavano a dare segni di voler “togliere le tende”, assicurandosi la sicurezza di una zona di transito verso nord ed evacuando quasi totalmente il paese, continuavano nella loro “operazione Todt”. Questa consisteva nel reclutare tra la popolazione, quasi sempre attraverso rastrellamenti più o meno imponenti poiché la maggior parte degli inviti (anche allettanti) non producevano alcun effetto, persone idonee al lavoro.
La manodopera forzata, veniva per la maggior parte spostata proprio al fronte, parte di questa, era inoltre destinata allo scarico – carico di munizioni che dalle retrovie (e Palestrina ne era una di vitale importanza) venivano spedite in prima linea.
L’ultimo giorno per la presentazione dei giovani al servizio obbligatorio al lavoro, era scaduto il 25 settembre 1943, ma quelli che spontaneamente andarono a lavorare con i tedeschi, lo fecero soltanto alcuni mesi dopo: a dicembre e gennaio. Questi giovani venivano caricati nella piazza centrale del paese su dei camion e, per la maggior parte, inviati in una casa colonica situata lungo la strada che unisce Palestrina a Valmontone; qui divisi in gruppetti di cinque o sei erano per lo più addetti allo scarico – carico delle munizioni che erano destinate al fronte.
Le persone che lavoravano per i nazisti, non potevano essere considerati dei collaborazionisti, ma in un periodo di sofferenza e fame, dovevano in qualche modo sopravvivere e fu così che il lavoro per i tedeschi divenne un’opportunità per andare avanti, dato che molti mestieri, che prima garantivano un sostentamento, ora era impossibile farli per mancanza di richiesta o di materie prime.
Infatti molti giovani, ormai stanchi di nascondersi, privi di sostentamento per sé e per le loro famiglie, videro nel lavoro ben retribuito dai tedeschi (i lavoratori percepivano oltre al vitto, lo stesso dei militari germanici, cinquanta lire e cinque sigarette al giorno), un modo per tirare avanti in una situazione al limite della povertà e della fame.
La maggior parte delle storie di queste persone sono state portate via dal fiume del tempo, dimenticate; ma la storia di due ragazzi Luigi Del Monaco e Luigi Consoli, si sono impresse a fuoco nella storia di Palestrina e nella mente dei cittadini, che ancora oggi li ricordano con viva commozione.
Luigi Consoli, sorpreso dopo l’8 settembre a Palestrina, poiché era in convalescenza per una pleurite contratta mentre come fante era di stanza a Foggia, era rimasto, come sarto, senza lavoro e, stanco di nascondersi ai continui rastrellamenti, per non gravare sulla famiglia, che comprendeva altri due fratelli minori, decise di andare a lavorare per i tedeschi.
Lo stesso fece, insieme ad altri ragazzi, il suo collega, amico e coetaneo (aveva come il Consoli ventuno anni), Luigi Del Monaco. Quest’ultimo era originario di Maddaloni, ma ormai viveva da tempo con la sua famiglia a Palestrina.
I due ragazzi vennero impiegati nello scarico e carico di grossi proiettili di cannone e munizionamenti vari lungo la strada che Palestrina – Valmontone; infatti qui, come abbiamo avuto modo di sottolineare, nella zona di Quadrelle, presso il casale di Finzi, c’era un grande deposito tedesco .
Questo deposito, che veniva rifornito di armi e munizioni provenienti dalla stazione ferroviaria di Palestrina situata sulla linea Roma – Napoli, era molto importante per il sostentamento della macchina bellica nazista attestata sulla “Gustav” a Cassino.
Molte di queste munizioni inviate al fronte risultavano difettose, non esplodevano e questo insospettiva e preoccupava i tedeschi, che ormai la prolungata guerra aveva messi alle strette.
Il difetto (la manomissione, ovviamente) di questi armamenti si produceva a Quadrelle: i due giovani, infatti, svuotavano della polvere le sacchette di seta – per impossessarsene – che servivano da carica di lancio per le grosse bombe .
I due giovani vennero colti sul fatto e immediatamente arrestati, furono condotti e rinchiusi in una stanza del casale sotto la grave accusa di sabotaggio.
Lo stesso giorno in cui Consoli e Del Monaco vennero arrestati, la Gestapo fece irruzione nelle loro case alla ricerca di prove della sistematicità dei loro sabotaggi, ma non trovarono nulla.
Le prove che inchiodarono i due giovani vennero rinvenite nella casa colonica della fidanzata (prima interrogata e poi rilasciata) di Luigi Consoli.
In questa abitazione, dopo un’attenta perquisizione, i tedeschi trovarono degli indumenti intimi fatti con la stessa seta delle cariche che venivano sottratte dalle bombe.
Il Bandiera riporta un’interessante tesi riguardo la situazione di uno dei due ragazzi:

“Almeno per il Consoli è da ritenere che ci sia stata l’intenzione di sabotare, e questo non tanto per ciò che risulta dai documenti ufficiali rimessi dal Comitato di liberazione di Palestrina alla commissione regionale per il riconoscimento di partigiani e patrioti, quanto per la testimonianza di un suo amico vivente: ‘…non solo prendemmo quella seta, ma asportammo anche molte bombe a mano per darle a quelli del Gruppo Patrioti Preneste’ ”.

Dopo che i genitori dei giovani tentarono, contattando lo stesso giorno dell’arresto l’ex datore di lavoro dei loro figli, di rimediare alla difficile situazione, dovettero rendersi conto che c’era poco da fare: l’accusa di sabotaggio era un grave reato per i tedeschi.
Ogni giorno le stesse famiglie, tramite fratelli o sorelle dei prigionieri, inviavano qualcosa da mangiare ai ragazzi tenuti sempre prigionieri nel casale.
Durante la loro detenzione (erano passati pochi giorni dal loro arresto) avvenne il primo bombardamento di Palestrina (22 gennaio 1944).
In quel bombardamento, che colpì il centro del paese, rimasero uccisi padre, tre sorelle, cognato e due nipoti di Del Monaco, già orfano di madre.
Il giorno dopo i due vennero a sapere cosa era successo, Del Monaco era disperato.
I giovani chiesero al maresciallo tedesco di poter essere portati al paese per prestare soccorso ai parenti e scavare tra le macerie per almeno rinvenire i corpi .
La loro richiesta venne accolta e gli fu concesso di recarsi a Palestrina.
I giovani vennero accompagnati, per tutto il tragitto che fecero a piedi, da un militare armato di pistola.
Anche se qualcuno gli suggerì e tra loro si suggerirono la fuga i due, chi perché distrutto dalla perdita della famiglia, chi per non mettere in pericolo la propria , non fuggirono ed andarono così incontro al loro destino.
Verso la fine di gennaio, Enrico, fratello minore del Consoli, si recò come era sua abitudine, dove erano tenuti prigionieri i giovani: non lì trovò più e i soldati non gli diedero alcuna notizia.
La famiglia non seppe più nulla.
Soltanto dopo molto tempo furono informati di quello che era accaduto, tramite una lettera recapitata alla famiglia Consoli. Quella lettera era stata scritta dal parroco della chiesa della S.S. Annunziata di Tagliacozzo (AQ), Don Luigi Lucidi.
Ecco la rievocazione che, di quel tragico fatto, fece il parroco il primo maggio 1945 e che viene riportata da Luigi Bandiera nel libro 11 + 11 l’eccidio degli “undici martiri” di Palestrina ed altri avvenimenti del 1944:
“Un rito sacro di religione e di patriottismo ci ha chiamati in questo primo giorno di maggio davanti a questo monumento,dove da oggi in poi sono incisi due nuovi nomi: Luigi Consoli e Luigi Del Monaco, che accrescono l’albo glorioso dei nostri caduti.
A questo rito che parla da se stesso al cuore di noi tutti, a me sacerdote e italiano, che i due giovani ho assistito, è stato affidato il compito delicato ed emozionante di rievocare il loro sacrificio estremo.
Non sono qui a fare dell’epopea ma una semplice cronistoria del fatto.
Entrambi, i cittadini di Palestrina, per quanto il Del Monaco fosse nato a Maddaloni, sembra che una sorte comune li abbia voluti legati per la vita e per la morte.
Alla costituzione fisica piuttosto robusta e al carattere cupo, melanconico e taciturno di Del Monaco,faceva riscontro la salute infermiccia e la semplicità, starei per dire, fanciullesca del Consoli.
Quale sia stato il nostro incontro di quella notte tragica, né io né loro potremmo mai dimenticare. La mia preoccupazione, la mia perplessità ed ansia sul modo di contenermi e sulle parole da rivolgere loro fu presto dissipata, perché tra noi tre si stabilì immediatamente una corrente di simpatia, di amicizia, di fratellanza che diede loro la forza della rassegnazione cristiana ed a me di saperli cristianamente assistere. Grande ministero quello del sacerdote che, unico, sa dare il conforto anche a chi, nel fiore della vita è trascinato innocente, come erano i due giovani a morte violenta!
Poiché erano legati,riuscii a farli sciogliere e dividere per ascoltare la loro confessione, che fecero con la maggiore serenità di spirito e con edificante pietà ricevettero pure la Santa Comunione.
Saremmo voluti restare a lungo a colloquio, ma la rabbia nazista, che già più volte aveva insistito di deciderci, alla fine ruppe ogni indugio, e si dové andare.
scii per primo, mentre i giovani venivano nuovamente legati e fattomi avanti a più tedeschi che attendevano sulla porta, volli patrocinare la loro causa.
Ma uno di loro, dandomi a leggere la sentenza emessa dal tribunale militare tedesco di Tagliacozzo il 30 gennaio e la domanda di grazia respinta e firmata da Kesserling, aggiunse: «Ecco è inappellabile ».
E lo fu realmente, perché a nulla valsero le preghiere, le suppliche le lagrime, a nulla il tentativo di fuga del Consoli che cadde presto sulla neve, non certo per mancanza di forze, ma quasi fulminato dalla viltà di chi dietro gli grido: «Vigliacco, ora il momento è solenne» :
Consoli, bendato, e già legato al palo. Mentre c’è chi spavaldamente gli legge la sentenza e poi passa a dare le ultime istruzioni al plotone di esecuzione,egli ha la testa reclinata sul mio petto e risponde alle preghiere che gli suggerisco: alla domanda se abbia ancora qualche cosa da dire e da far sapere ai suoi famigliari, risponde: «Di’ alla mia famiglia che l’ho sempre amata e più l’amerò presto in Cielo. Lo stesso di’ alla mia fidanzata. Padre, io sono innocente; accetto la morte in sconto delle mie e delle colpe di tutti gli italiani».
Un’ ultima prece, un ultimo bacio sulla fronte di un fanciullo e la mitraglia lo rende cadavere.
Ma nel cielo echeggia un grido, l’ultimo suo grido «Dio mio bello», non spento neppure dalla voce disumana di chi volle profanare quell’istante solenne con l’insulto«Giustizia è fatta»…
Allo stesso palo seguì Del Monaco, che senza un lamento, abbracciò la morte con la fortezza dei martiri e degli eroi.
Le prime luci del 23 febbraio 1944 spegnevano in quel momento tutte le stelle del cielo….

IL MATRIMONIO..

…” Ai tempi della seconda guerra mondiale, quando i tedeschi presidiavano Gallicano, a tutti i giovani fu spedita la lettera per andare a combattere; altri venivano reclutati sempre dai tedeschi per raccogliere le armi sparse nei paesi vicini e portarle a Cassino poi venivano riaccompagnati a Gallicano la sera. Per questo, per alcuni anni, il paese fu abitato soprattutto da donne, bambini, alcuni uomini e anziani. La situazione economica non era bella; erano i tedeschi a stabilire le regole, anche riguardo il cibo e l’abbigliamento; si mangiava soprattutto cibo in scatola e i tedeschi per consegnarci una pagnotta di pane nero da 2 kg volevano in cambio sei uova. Per l’intera giornata ci assegnavano 1 etto di pane e ogni mese tre kg di pasta. Le donne vestivano con una gonna nera lunga e una camicia bianca; ci fu un
periodo in cui non si poteva indossare l’oro, l’argento e altri gioielli perché dovevano essere consegnati alla Patria. Io mi sposai nel ‘44, avevo appena 18 anni, il matrimonio andò bene nonostante ci fossero pochi soldi, ma a quell’epoca il vestito da sposa non lo si comprava ma si tramandava da generazioni; a me lo prestò
mia cognata: era un bel vestito verde! Prima della cerimonia lo sposo, insieme ai parenti, doveva andare a prendere la sposa e poi tutto il corteo si avviava in chiesa per la celebrazione del rito; la cerimonia avvenne nell’attuale chiesa di Sant’Andrea, ma non all’altare maggiore bensì dentro la cappella
della Madonna delle Grazie .Gli ospiti venivano invitati solo il giorno prima senza tante formalità e alla fine della cerimonia agli sposi non veniva lanciato il riso ma i fagiolini bianchi. La cerimonia avvenne di sabato, ci riunimmo tutti quanti per festeggiare; mio padre aveva preparato il sugo con la carne di pecora e mia madre, che era una cuoca e cucinava per i tedeschi che erano di stanza a San Pastore, prese un po’ di alimenti dalla loro dispensa e preparò la pasta; per il rinfresco c’era anche la cioccolata ed i confetti, molte cose vennero comprate anche a “ borsa nera”; mio cognato insieme al padre invece portarono un bel po’ di vino. Mentre stavamo festeggiando entrarono i militari tedeschi che si autoinvitarono e festeggiarono con noi senza crearci problemi, ma facendo un grande baccano. Del
resto il rapporto tra le famiglie di Gallicano, 700 circa, gli ufficiali, sottoufficiali e soldati semplici tedeschi era buono perché i cittadini erano molto obbedienti ai comandi e rispettosi, per questo non ci furono problemi neanche dopo l’armistizio…

I BAGNI DI SOLE..

“.. Nel momento in cui la guerra era alle porte, i tedeschi caricavano tutti gli uomini che incontravano su un camion e li portavano a Monte Cassino per scaricare le munizioni e poi li riportavano a casa la sera. Quando c’era il rastrellamento la gente si nascondeva nelle loro case, gli uomini scappavano e si rifugiavano nelle campagne. Quando la situazione stava per precipitare a danno dei tedeschi, questi iniziarono a distruggere i ponti: quello della “ Macchiarella” e quello di Ponte Amato, ma non quello che era stato costruito dagli antichi romani che era ben resistente. Questo creò molto disagio per quei pochi mezzi che arrivavano a Gallicano; ricordo quante volte dovetti attraversare quel ponte sconnesso per arrivare nella zona di Ponte Amato per consegnare il latte alla cisterna che non poteva arrivare in paese. Dopo aver distrutto quasi tutti i ponti, i tedeschi bombardarono prima la zona di San Pastore e successivamente alcune parti del paese di Gallicano. Il periodo più brutto per i gallicanesi fu quello giunsero gli americani, esso fu senza dubbio peggiore rispetto a quello nel quale governavano i tedeschi perché di americani veri e propri non se ne videro poiché in paese mandavano i “marocchini “ a cercare i tedeschi. Questi soldati erano pericolosi soprattutto quando incontravano le ragazze: non esitavano a violentarle; tutti in paese ricordano una ragazza che ha corso questo rischio e se si è salvata è stato solo grazie all’intervento fortuito di un compaesano più anziano. Man mano che il tempo passava e quei soldati andavano via dal paese, la situazione migliorò. Gallicano in
quel periodo era povero e non c’erano né mezzi privati né soldi, vi erano solo alcune famiglie tra cui i Macchia, gli Zucchi che possedevano una trebbia e un frantoio, i Gasperini che commerciavano il vino, i Nataletti e i Sordi che erano benestanti. Anche la vita che si conduceva in quel periodo era diversa: la
radio la possedevano le famiglie benestanti, ma la gente comune, che era la maggior parte, non poteva ascoltarla né poteva comprare i giornali, quindi nessuno si poteva informare su quello che accadeva attorno a loro; i bambini, allora non c’erano cellulari o computer, giocavano con la corda, a palla o con
dei bottoni. Certamente loro riuscivano a divertirsi di più quando andavano in colonia nonostante le attività ricreative erano limitate; io ricordo molto i bagni di sole che non era altro che l’esposizione al sole per un breve periodo della giornata. Durante il periodo dell’occupazione, la sera c`era il coprifuoco, nel
paese non c`era molta illuminazione poiché non era presente l`elettricità e le finestre nelle case non permettevano il passaggio della luce. Anche il sistema fognario era assente dal paese infatti i bisogni venivano gettati in luoghi qualsiasi.. in quel tempo se una persona voleva acquistare un maglione o una felpa era impossibile: i soldi erano pochi e le persone, soprattutto le donne, acquistavano la lana e si facevano i capi di abbigliamento come calze, maglie, maglioni, guanti… “